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Covid19: cosa sappiamo di lui?

di Sonia Oliva – Il nome coronavirus fa ormai parte del linguaggio comune insieme a Covid-19 e a Sars-Cov2, rispettivamente malattia e nome del virus, all’origine della pandemia. Abbiamo parlato di zoonosi e raccontato cosa succede con il salto di specie dall’animale all’uomo nell’articolo “Ai virus piace viaggiare…” (https://www.breviweb.it/2020/04/15/ai-virus-piace-viaggiare-e-per-questo-si-fanno-dare-un-passaggio-esattamente-come-covid19-ha-fatto-con-luomo/)

Mers, Sars e Covid19
I coronavirus possono essere definiti come una grande famiglia capace di causare infezioni che vanno dal comune raffreddore a malattie decisamente più gravi come la Mers (la sindrome respiratoria del Medio Oriente) e la Sars, (Severe Acute Respiratory Syndrome comparsa la prima volta a febbraio 2003) altra sindrome respiratoria acuta grave, una polmonite atipica. È stato confermato dagli scienziati che i coronavirus Mers e Sars derivano dagli animali e che, con un salto di specie, sono diventati patogeni per l’uomo. La storia del mondo è segnata da grandi epidemie che possono essere divise in quattro gruppi: malattie che colpiscono l’apparato digerente e che si trasmettono principalmente bevendo acqua contaminata (ad esempio dalle feci); malattie che colpiscono l’apparato respiratorio e si trasmettono attraverso le goccioline infette emesse con starnuti o colpi di tosse; malattie a trasmissione sessuale come l’HiV-Aids (si sviluppò per zoonosi in Africa nel 1983) e malattie che si diffondono con punture e morsi di animali: febbre gialla, malaria, il dengue e la febbre zika.

Proviamo a capire un po’ di più
Un virus, per riuscire a sopravvivere, deve replicarsi e diffondersi, e lo fa all’interno delle cellule dell’ospite. La trasmissione è invece il “viaggio” che il virus compie passando da un ospite all’altro mentre la trasmissibilità è causata da una serie di caratteristiche che lo rendono possibile.

  • Trasmissione per via aerea.
    Se i virioni (le particelle virali) accumulandosi nella gola o nel naso provocano irritazione, si liberano nell’aria con colpi di tosse o starnuti, riescono a resistere alla disidratazione e sono in grado di attaccare un nuovo ospite insinuandosi nelle mucose (narici e occhi) conquistando nuove cellule e cominciando a riprodursi, siamo di fronte a un virus che si trasmette per via aerea. È il caso di Sars-CoV-2 e, fortunatamente, non tutti i virus sono in grado di compiere queste “evoluzioni”. Il virus Hiv agisce molto lentamente ed è classificato nel genere dei Lentavirus. Se l’Hiv (Aids) si trasmettesse per via aerea sarebbe una catastrofe.
  • Trasmissione oro-fecale.
    È più comune di quanto si possa pensare ed è efficace per alcuni tipi di virus perché gli ospiti (sia animali che umani) spesso bevono acqua contaminata dalle feci degli stessi membri della popolazione: una condizione che avviene soprattutto in condizioni di sovraffollamento. Il virus entra nel corpo per via orale, passa nell’apparato digerente provocando problemi gastrointestinali con conseguente dissenteria che permette la fuoriuscita del virus, capace di resistere anche qualche giorno fuori da un corpo ospite. Questi sono enterovirus e racchiudono nel gruppo, più di sessanta virus, tra cui quello della poliomelite.
  • Trasmissione ematica (sangue).
    È un sistema un po’ più complicato che richiede la presenza di un vettore. Il virus si replica in modo importante e massiccio nel sangue dell’ospite. Poi deve arrivare il vettore, generalmente un insetto, pungere l’ospite, fare il pieno di virioni. Il virus si moltiplica, si sposta fino alla bocca del vettore e sta lì in attesa che il vettore punga un altro individuo per sferrare il suo attacco e infettare un altro ospite (febbre gialla, dengue…)
  • Trasmissione sessuale.
    Le particelle virali si trasmettono da un individuo all’altro con il contatto diretto tra le cellule presenti nell’apparato genitale. Questa categoria di virus non è resistente alla luce e all’ambiente esterno. Con l’atto sessuale, compie il suo contagioso viaggio come fosse al sicuro in un tunnel infinito. Tunnel in fondo al quale non si vede mai la luce.
  • Trasmissione verticale.
    Il virus passa da madre in figlio e la trasmissione può avvenire, in gravidanza, alla nascita o durante l’allattamento.

Come si diffonde un virus
Virus, in latino significa veleno. Con qualunque sistema avvenga la trasmissione, i virus non portano mai buone notizie ma solo malattie ad alto tasso di infettività e, spesso, di mortalità la cui portata del contagio è descritta con tre parole: fiammata, epidemia e pandemia.

  • Il termine “fiammata” indica l’improvvisa comparsa di qualche caso.
  • Si parla di epidemia quando il contagio interessa una regione.
  • Di pandemia quando il contagio si diffonde in uno o più continenti.

In pratica, ogni atto respiratorio, che sia uno starnuto o un colpo di tosse equivale a una grande dose di patogeni che viene immessa nell’aria. In base a uno studio sperimentale, il fiato dei suini contiene 30 volte la quantità di germi di quello di bovini e ovini infetti e una volta nell’aria, il virus può viaggiare indisturbato per chilometri. La grande quantità di germi nel fiato dei suini li rende, infatti, il perfetto ospite di amplificazione (l’organismo in cui un virus si moltiplica e si diffonde alla velocità della luce). L’ospite di amplificazione è l’anello intermedio della catena tra un ospite serbatoio e qualche altro animale.

Se lo conosci non fa paura
Arginare il dilagare di un’epidemia non è mai cosa facile, soprattutto se il virus ad averla innescata è un perfetto sconosciuto come Sars-CoV-2.
Sono diversi i fattori da mettere in campo per evitare la diffusione delle epidemie. Il più importante in assoluto è quello di trovare il virus, identificarlo e procedere con diagnosi precoci. Passaggi che devono andare a braccetto con la rapidissima attuazione di contromisure, indicate da chi governa il paese, con isolamento dei pazienti infetti, quarantene, monitoraggio delle persone con cui gli infetti sono entrati in contatto. Sopra ogni fattore, spicca sempre e comunque il modo in cui il virus si manifesta nell’organismo. L’epidemia di Sars del febbraio 2003 non fu una strage di bibliche proporzioni solo perché i sintomi comparivano prima che il paziente contagiato raggiungesse il massimo dell’infettività e non dopo. Febbre, emicrania, tosse e un malessere tale che impedì ai soggetti infetti di andare in giro a spargere, inconsapevolmente, il virus.

Un virus che “lavora” al contrario
L’influenza e il Covid-19, si comportano in modo opposto: il picco di infettività precede anche di 20 giorni l’insorgere dei sintomi. Ecco perché ci siamo trovati nel mezzo di questa pandemia. E questo fu lo stesso perverso meccanismo che rese l’influenza spagnola (chiamata così perché il paziente zero arrivava dalla Spagna) una tragedia: i pazienti erano molto contagiosi prima di mostrare i sintomi della malattia. In poche parole, più è lungo il periodo di incubazione più è difficile per i sanitari individuare il pericolo.

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