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PER L’EXPO DI MILANO ALESSANDRIA NON ESISTE

A forza di ripetere, e far ripetere, dagli auleti di corte che il ponte Meier è bellissimo, fantastico, meraviglioso, stupendo, magnifico, avveniristico, concentrando in sé quanto di meglio prodotto dall’ingegno umano in questi ultimi secoli, si è finito col crederci. Per questo lo si è ritenuto  famoso ed invidiato all’estero, nonché irresistibile oggetto di attrazione e desiderio per sterminate torme di turisti pronti a riversarsi a masse serrate nella nostra città, utilizzando ogni mezzo di trasporto conosciuto, dall’aereo alla canoa, al cammello ed al monopattino, dando luogo ad un’autentica transumanza  a carattere planetario. Un sogno destinato a svanire al cantare del gallo, in quanto gli incaricati della pubblicità dell’EXPO di Milano non ci hanno  nemmeno citato tra le città che vale la pena visitare. Anzi, ad essere precisi Alessandria non è stata nemmeno nominata, come se non esistesse, e al suo posto ci fosse un buco sulle carte geografiche. Come è facile comprendere, il tutto è stato preso malissimo e ritenuto offesa di prima grandezza da chi guida i nostri destini dai palazzi del potere alessandrino. Anziché levare al cielo strazianti grida disperate ed alti guaiti, imprecando contro l’ingiustizia dei cattivi milanesi, sarebbe meglio cercare di capire perché ciò sia avvenuto e come porvi un seppur tardivo rimedio. Il perché il ponte Meier non sia stato citato è presto detto. I dirigenti dell”EXPO di Milano non sono certo degli ingenui sprovveduti e non si prestano a fare gratuitamente propaganda commerciale per nessuno. E citare il Meier, ponte banalissimo come ne esistono migliaia, equivale a fare un’inserzione pubblicitaria per chi l’ha costruito. Per di più Alessandria si è anche fatta ridere dietro facendo scrivere sui giornali che l’architetto progettista era stato premiato con il  Nobel dell’architettura quando tale premio  non esiste. E, come ben sa chi è preposto ad attività commerciali o politiche, nulla è più pericoloso e deleterio del finire nel ridicolo. Inoltre chi organizza fiere e mercati sa benissimo che se si vuole portare qualcuno in un luogo occorre che ci siano motivi reali per cui ci vada. E i motivi di attrazione devono essere calibrati sul livello economico e culturale di chi si vuole attrarre. Il pubblico che si prevede affluisca all’esposizione è un pubblico per lo più internazionale. Occorre quindi come prima cosa domandarsi cosa può interessarlo fino al punto di indurlo a dedicare una  giornata del suo viaggio in Italia per venire a visitare le lande alessandrine. Nessuno si muoverà mai per venire a visitare il Museo del cappello o quello della bicicletta o la sinagoga di Casale o la Bollente di Acqui la cui esistenza è conosciuta unicamente a livello locale. Hanno invece importanza e conoscenza internazionale la famosa battaglia di Marengo, la Cittadella (citata su tutti i libri di architettura militare del mondo), i castelli (che piacciono sempre a tutti purché si possano visitare),l’oro ed i gioielli di Valenza, l’outlet di Serravalle (che già fanno parte degli attuali  tour turistici) e poi  le nostre cantine dei vini ed i ristoranti, se qualcuno organizza allegre gite con visite gratuite e goderecce. Con il pochissimo tempo che ci resta e con finanziamenti ancora più scarsi, questa ci sembra l’unica proposta ancora attuabile. Riteniamo invece un inutile spreco creare strutture ad hoc destinate ad abortire ancora prima di nascere o peggio ancora inventarsi la trentasettesima municipalizzata (o provincializzata) da aggiungere alle altre 36 mangiasoldi purtroppo già esistenti.

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