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MANTENERE GLI EQUILIBRI NATURALI PER SALVARE L’UOMO

L’uccisione a bastonate d’una volpe da parte di un gruppo di cacciatori ed il contemporaneo rifiuto di abbattere alcune nutrie in sovrannumero ad opera di ambientalisti vercellesi, sono in realtà frutto di una stessa identica sottocultura che ignora, non solo le più elementari leggi della biologia, ma non si rende nemmeno conto del come può sopravvivere la fauna selvatica in un ambiente altamente antropizzato come la Valle Padana.  L’uccidere i predatori è una storica attività popolare la cui origine si perde nella notte dei tempi che si riteneva ormai superata dopo tutte le informazioni date da tempo, sia dalla scuola italiana, che dalle trasmissioni televisive. I predatori, qualsiasi essi siano, catturano principalmente prede ammalate, ferite o con qualche difetto genetico secondario. In tal modo interrompono la trasmissione del contagio o dell’errore genetico sui nuovi nati preservando la sanità e la robustezza della specie. Perciò è profondamente sbagliato eliminare i predatori e la loro irrinunciabile funzione selettiva. Importanti studi a riguardo hanno ad esempio rilevato come l’eliminazione delle lontre dai fiumi causi una riduzione del pescato dal 20 al 30%. Proprio per l’incremento delle malattie tra i pesci. Ricerche analoghe esistono riferite a tutte le specie selvatiche. In compenso quando manca il predatore, perchè è stato sterminato per qualche motivo, occorre che sia l’uomo a svolgere questa funzione. Se non fosse così nel volgere di pochissimo tempo l’intero pianeta sarebbe ricoperto di topi o di qualsiasi tipo di animale ad elevata capacità riproduttiva. Tipico è il caso di piccole isole in cui sono stati liberati dei conigli e delle capre che, proprio per mancanza di predatori, in breve tempo sono state totalmente desertificate dall’eccessivo riprodursi degli animali presenti. L’antagonista biologico, incaricato dalla natura a contenerne il numero delle nutrie, dovrebbe essere proprio la lontra, purtroppo sparita da tempo dai nostri fiumi per l’eccessiva caccia praticata dall’uomo a causa della sua pelliccia pregiata. La nutria, che arriva a pesare da 5 a 10 chili, scava nidi profondissimi negli argini lesionandone in modo gravissimo e pericolosissimo la resistenza. Fino a qualche anno fa le nutrie erano cacciate per la loro pelliccia (era il cosiddetto castorino, allora di gran moda) e per questo non vi era problema essendo cacciate persino più del dovuto. A parte questo, la nutria è assolutamente innocua a differenza per esempio dei topi che portano gravissime malattie. Poichè non possiamo permettere che gli interi argini della Valle Padana, che salvano le nostre principali città dalle alluvioni, vengano lesionati dalle tane delle nutrie che si moltiplicano a dismisura, dobbiamo assolutamente ridurne il numero.  E questo non significa essere feroci, ma cercare di conservare in ogni modo, per quanto si può, ciò che ancora resta dell’equilibro della natura padana.

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